da Patricia | nov 10, 2016 | Calabria (Da gustare)
“Appena 30 anni fa, neanche nella vicina Tropea sapevano bene cosa fosse la ‘nduccia’”. Questa affermazione con pieno accento “spilingo-calabrese” è stata fatta da Francesco Fiamingo, presidente del Consorzio ‘Nduja di Spilinga, durante il viaggio di mezz’ora da Tropea (dove alloggiavamo) e la piccola Spilinga. La ‘nduja, che fino a poco fa era una “illustre sconosciuta” anche per gli italiani, è stata il motivo che ci ha portato non solo al suo paese di origine, ma alla propria Calabria. Abbiamo conosciuto questo tipo di salume attraverso un grande amico calabrese che, conoscendo la nostra passione per il cibo piccante, ci ha regalato un pezzo di ‘nduja per farcela conoscere, ed è stato amore a prima vista! (Si, ci piace molto avere cibo come regalo, sappiatelo! ;)). Vedi altre foto della nostra visita a Spilinga Quindi, se la Calabria è famosa per essere la terra del peperoncino in Italia, la ‘nduja di Spilinga è senza dubbio la sua regina. Questo salume profumato e piccante facilmente spalmabile come fosse burro, non ha davvero eguali. Il ripieno è fatto con pezzi selezionati di carne di maiale (pancetta, guance e dal grasso intercostale) macinato e miscelato con tre tipi di peperoncino nella proporzione del 30% del suo peso. Le varietà di peperoncini utilizzati sono: il corno di toro (più dolce), il naso di cane (più piccante) e il rotondo o “capeggiaro” (in dialetto). Contrariamente a quanto si possa immaginare, la combinazione di queste varietà di peperoncini non rendono la ‘nduja eccessivamente piccante, bensì profumata e aromatica, con piccantezza presente ma piacevole. Nella scala di Scoville, utilizzata a livello internazionale per misurare il grado...
da Aldo | nov 4, 2016 | Trentino Alto-Adige (Da vedere)
I Giardini di Castel Trauttmansdorff sono un posto unico che resterà sempre nella nostra memoria, che sicuramente torneremo a visitare! (Dopo la nostra visita a Merano, Patricia ha continuato a ripetere per diversi giorni che voleva restarci a vivere). I giardini hanno una superficie di 12 ettari, con una varietà di fiori e alberi che vanno dall’esotico al Mediterraneo. Piante di tutto il mondo quindi, che crescono in un microclima spettacolare. In una armonia incredibile tra arte, natura e cultura. Tutto distribuito in varie terrazze a tema, dove camminandoci, ammirandone ogni angolo, si ha l’impressione di essere in un posto magico! Vedi altri foto del nostro viaggio I lunghi lavori di realizzazione dei giardini sono iniziati nel 1994 e sono durati ben 7 anni! In estate si organizzano degli importanti concerti all’aperto, tra cui soprattutto quello del World Music Festival più importante d’Italia. Il tutto circondato da una cornice di montagne e avente sullo sfondo il Castello Trauttmansdorf. Secondo l’atuale amministrazione del castello, “le origini del palazzo risalgono al Medioevo. I primi registri documentati parlano della sua esistenza intorno al 1300. Nella metà del XIX secolo, il conte Joseph von Trauttmansdorff acquistò l’edificio e lo ampliò fino alle dimensioni attuali. L’intervento fece della struttura il più antico esempio di fortezza neogotica del Tirolo. Poco tempo dopo l’acquisizione della struttura da parte del Conte, l’Imperatrice Elisabetta d’Austria (Sissi) scelse Castel Trauttmansdorff, per la sua posizione particolarmente soleggiata e ben riparata dal vento, come suo soggiorno invernale preferito. Nel giardino si possono trovare un sentiero e una statua dedicata all’imperatrice. Il castello ospita oggi un curioso “museo vivo”: il Museo Provinciale...
da Patricia | ott 25, 2016 | Da vedere, Sardegna (Da vedere)
Possiamo dire che la Sardegna è stata una dei posti che eravamo più ansiosi di conoscere. In primo luogo perché è stata l’ultima tappa del nostro viaggio e la sensazione che l’avventura stava per finire ci ha lasciato un misto di dispiacere e euforia. In secondo luogo, perché l’isola è una regione dove non eravamo mai stati, quindi condividevamo una grande curiosità nel conoscerla. Questa ansia è aumentata nei due giorni prima del viaggio, per diversi motivi: Maria ha avuto una gastroenterite abbastanza grave e si è indebolita parecchio. La mattina della partenza, però, si è svegliata senza febbre, con un visino più allegro quindi abbiamo deciso di prendere l’aereo all’ultimo momento. Solo cinquanta minuti di volo da Napoli verso la Sardegna e già mentre sorvolavamo l’isola ci siamo resi conto che stavamo raggiungendo una zona completamente diversa di tutto ciò che avevamo visto fino ad ora in Italia. Dopo aver viaggiato in tutto il paese, possiamo dire che ci sono tre regioni che si diversificano completamente con l’idea comune che si ha dell’Italia: Trentino-Alto Adige, Valle D’Aosta e Sardegna. Non ci sorprende che queste tre regioni sono giuridicamente autonome, con un sistema amministrativo indipendente e bilinguismo regolamentato. L’Alto-Adige è praticamente come l’Austria. La Valle d’Aosta una piccola Svizzera. Mentre la Sardegna è un mondo a parte. Leggere anche: Mamoiada, il vino cannonau e il folklore dei Mamuthones È praticamente la regione più isolata del paese, l’isola è considerata un paradiso naturale. Senza dubbio possiede le spiagge più belle d’Italia, alcune addirittura tra le più belle che abbia mai visto! (E se lo dice una brasiliana questo non è poco;)...
da Aldo | ott 20, 2016 | Campania (Da gustare), Da gustare
Quando penso a Castellammare penso innanzitutto alla città dove sono nato (anche se non ci ho mai vissuto) penso ai racconti di mio padre di quando ci andava a piedi dal suo paese, per farsi i primi bagni estivi, penso ai biscotti , al lungomare, gli chalet, i buoni gelati…e all’acqua! Il potenziale turistico, gastronomico e “salutistico” di una città come Castellammare di Stabia è davvero enorme a livello non solo nazionale, ma purtroppo sfruttato solo in minima parte. Da mettere prima di tutto in assoluta evidenza la caratteristica unica delle acque termali di Castellammare, che sgorgano nei due stabilimenti stabiani da ben 28 fonti diverse! Questo direttamente dalle sorgenti naturali del Monte Faito, ciascuna con la propria composizione chimica e relative caratteristiche curative. Per questi motivi Castellammare è conosciuta anche come “la città delle acque”. Vedi anche: la nostra tradizione del pane a Tramonti La presenza di queste acque sorgive nell’area stabiese è nota fin dall’antichità, ma all’epoca non erano organizzate in uno stabilimento termale, bensì utilizzate in modo disordinato dalla popolazione locale. Successivamente furono creati due stabilimenti conosciuti come le Antiche Terme (1836) e le Nuove Terme (1964). Le prime analisi di queste acque risalgono al 1787 quando il re Ferdinando di Borbone incaricò di esaminare quest’acqua acidula di cui si faceva largo uso. Per spiegare il motivo di questa grande varietà di tipologie di acqua, bisogna risalire al substrato geologico, dove grazie all’attività effusiva del Vesuvio si incontrano materiali di diversa natura. In questo bacino che comprende sia il Monte Faito che i Monti Lattari, si può denotare una forma a ferro di cavallo che incanala...
da Patricia | ott 9, 2016 | Da vedere, Sardegna (Da vedere)
È stato il nostro amico Maurizio Cheri, il nostro host al suo B&B Al Vicoletto, che ci ha parlato di Gairo Vecchio, dicendoci: “Non si può fare a meno di andarci”, mentre ci elencava tutte le destinazioni consigliate della Ogliastra, nel centro della Sardegna. Considerata la regione più isolata e incontaminata d’Italia, non c’è da meravigliarsi che la Sardegna ha diverse città fantasma. Secondo il sito “Sardegna abbandonata” (specializzata nella ricerca di territori e strutture dimenticate), ci sono almeno 16 comuni fantasmi sull’isola. Gairo Vecchio è il più famoso. Vedi altre foto della nostra visita a Gairo Vecchio Seguendo la strada provinciale SP11, in pochi minuti dopo aver attraversato la città di Osini, si incontra Gairo, incastonata tra le montagne del Gennargentu. È stupenda la vista di due città vicine e di fronte a diversi livelli della montagna. La città fantasma, completamente abbandonata e sopra la nuova Gairo, costruita negli anni ’50 per ospitare i residenti della città originaria. Infatti, tre città sono state costruite per sostituire la vecchia: Gairo Sant’Elena (che abbiamo visto sopra il vecchio e viene chiamato solo Gairo) Taquisara e Cardedu (queste ultime due più distanti dalla zona originale). Leggi anche: Mamoiada, il vino cannonau e il folklore dei Mamuthones Non esiste alcuna registrazione accurata delle origini di Gairo Vecchio. Secondo l’amministrazione comunale, la città è citata per la prima volta solo in un documento del 1217, ma molti studiosi sostengono che la sua origine è molto più antica. La ragione del suo abbandono è legata a disastri climatici. In greco, la parola Gairo significa “terra che scorre” ed è stata proprio l’incidenza costante ed eccessiva delle tempeste che...
da Patricia | ott 6, 2016 | Da vedere, Sardegna (Da vedere)
Per Aldo, uno dei posti obbligatori durante il nostro passaggio in Sardegna era la piccola Mamoiada, nella zona della Barbagia. Anche se lontana dal mare e inizialmente senza particolari attrattive gastronomiche, Aldo era incuriosito dall’idea di conoscere i mamuthones. Siamo stati sul posto in una giornata nuvolosa, quindi abbiamo detto: “niente mare per oggi” e ne è valsa la pena! I mamuthones sono il personaggio principale del Carnevale sardo. La figura è rappresentata da maschere grottesche di legno dipinte nero, con un abito davvero particolare (quasi tutto in nero e con grossi campanacci sulle spalle). Durante le manifestazioni, sono accompagnate da personaggi antagonisti : gli issohadores, i quali indossano maschere bianche, ugualmente in legno, con abiti colorati. Si tratta di una rappresentazione della corrispondenza tra le forze della natura. Non ho potuto fare a meno di notare la somiglianza dei mamuthones con altre manifestazioni del folklore del nord-est del Brasile. Anche se non ci sono testimonianze certe sulla provenienza delle maschere, alcune delle teorie più attendibili dicono che sono state già utilizzate prima di Cristo dalle comunità dei pastori e contadini sardi, come rituali atti ad influenzare il clima e il raccolto dell’anno, o per rappresentare la lotta tra Mori e i sardi per il possesso dell’isola. Tutta la tradizione popolare dei mamuthones e issohadores è raccontata nel Museo delle Maschere Mediterranee, che si trova nel centro della città. Il museo è operativo dal 2001 e ha una collezione completa, con riferimento ad altre manifestazioni carnevalesche nel Mediterraneo. Un altro luogo interessante per conoscere meglio questa tradizione è il laboratorio dello scultore Antonello Congiu. Poco lontano dal museo, il...
da Patricia | set 7, 2016 | Campania (Da gustare), Da gustare
Situata tra Maiori e Vietri sul Mare, Cetara è uno dei 13 comuni che fanno parte della Costiera Amalfitana. Come quasi tutti i paesini della costiera, il comune di circa 2.340 abitanti in estate è invasa da orde di turisti per ogni singolo angolo delle tre piccole spiagge del suo litorale. Ma le bellezze di Cetara non si limitano a “sole e mare”. Infatti il paesino ha molto più da offrire oltre un bagno nelle sue spiagge. Nel porto di Cetara vengono scaricati ogni giorno tonnellate di un tipo di pesce che ha catapultato la città nella posizione di tappa gastronomica obbligatoria della costa tirrenica meridionale: le alici. Pescata in tutto il Golfo di Salerno, è stato a Cetara che l’alice ha guadagnato il podio di pesce di ampio uso in cucina! Conservate sotto sale, in olio di girasole, o meglio ancora olio d’oliva, come materia prima per varie salse, l’alice è la regina della cucina cetarese ed è onorata in ogni angolo della città. Vedi altre foto della nostra visita a Cetara Un particolare prodotto, tuttavia, si impone su tutte le altre ricette per la sua unicità e importanza. La colatura di alici può non sembrare molto appetitosa quando la si descrive. È una “salsa” ottenuta per disidratazione e decomposizione della alici pressate e mantenute in una alta concentrazione di sale. Succo di pesce salato?! Questo è esattamente quello che ho pensato la prima volta che Aldo mi ha parlato della colatura di alici, e confesso che la sua peculiarità non mi ha svegliato molto l’appetito! Ma ho completamente cambiato idea un paio di mesi dopo, quando Aldo...
da Patricia | lug 27, 2016 | Da vedere
Dimenticate tutto quel che abbiamo detto finora riguardo le difficoltà del viaggiare con i mezzi pubblici in Italia. Il nostro viaggio in Molise ci ha aperto una nuova serie inimmaginabile di guai! Ci sono volute quattro ore per percorrere i 75 km che separano Sulmona (in Abruzzo) da Isernia (Molise). La cosa peggiore è che la difficoltà non era tanto il tempo in se, ma come il percorso è stato fatto. Per arrivare ad Isernia, abbiamo dovuto utilizzare quattro autobus. Sì, QUATTRO AUTOBUS! Perché non c’è nessun treno che collega le due città. Fin dall’inizio, sapevamo che avremmo avuto problemi a viaggiare tra le due regioni. Nel 2011, la linea ferroviaria che collega Sulmona e Isernia non esiste più, e non si sa se e quando si riattiverà! Secondo la RFI (istituzione che gestisce la maggior parte del sistema ferroviario in Italia). Così abbiamo saputo che avremmo dovuto prendere due autobus: da Sulmona a Castel di Sangro e un altro da lì ad Isernia. Sarebbe quindi un po’ complicato perché, a differenza dei treni regionali, negli autobus non c’è spazio per “parcheggiare” il passeggino, quindi abbiamo avuto bisogno di chiuderlo e metterlo nel bagagliaio o nel piccolo spazio tra i sedili. Questo significa che bisogna sganciare due borse, uno zaino e una custodia della macchina fotografica visto che il nostro passeggino, oltre Maria, porta a mosaico tutto questo! Per non parlare degli altri due zaini che portiamo in spalla e il trolley. Prendere due autobus per noi significa fare e disfare tutto il nostro mosaico di bagagli due volte. La nostra situazione è stata ulteriormente complicata quando ci hanno...
da Aldo | giu 13, 2016 | Da gustare
E chi se lo aspettava che uno dei migliori caffè in giro per l’Italia, lo potessimo trovare proprio a Trento! Mentre ci sono invece città che sono precedute da grande fama per il buon caffè, come Trieste, che in realtà ci ha un po’ deluso. Qui invece abbiamo avuto una piacevole sorpresa in una piccola torrefazione, abbiamo bevuto un caffè che ci ha colpiti per aroma e sapore (dal retrogusto persistente). Sicuramente il fatto di essere una piccola torrefazione è già un vantaggio, si può lavorare con più libertà con i diversi tipi di caffè creando tanti blend e facendo tanti esperimenti. La “Casa del Caffè” si trovava proprio nel mezzo della nostra passeggiata al centro di Trento. Il titolare, disponibile e chiacchierone, è davvero un appassionato esperto “dell’oro nero” e ci ha raccontato tanti dettagli interessanti a riguardo. Come l’arte di adattare la miscela del caffè al gusto della zona geografica dove ci si trova. Vedi nel video: Dopo aver fatto colazione e conosciuto meglio la città, abbiamo scelto un ristorante consigliato proprio da persone del posto. Nella “Cantinota” si incontrano sia turisti che trentini, semplicemente perché è un buon ristorante. Si tratta di cucina locale, e anche i vini della zona sono veramente buoni (la cantina del ristorante è varia e fornita). La nostra scelta è caduta sui canederli, e c’era una opzione interessante che faceva al caso nostro, con cui era possibile provare 4 gusti diversi: canederli con pane integrale, con formaggio puzzone di Moena, agli spinaci e alla rapa rossa. Un arcobaleno di colori in una cornice di speck e burro fuso. Ci è stato...
da Patricia | mag 31, 2016 | Ricette
Quando eravamo a San Daniele, a ristorante ci hanno consigliato una ricetta di primo con il prosciutto DOP da fare a casa. Eccola qui! (ricetta per quattro persone) Ingredienti 400g di tagliolini freschi 200g di prosciutto di San Daniele in fetta unica 4 fette di prosciutto di San Daniele tagliato sottile (da usare per la decorazione) 60g di olio extravergine 250g di panna fresca Sale e pepe a piacere Semi di papavero a piacere Preparazione 1. Con un coltello, tagliare la fetta di prosciutto a pezzettini e rosolare nell’olio in un tegame antiaderente 2. Aggiungere un pizzico di pepe e la panna fresca 3. Amalgamare bene e quando la salsa ha raggiunto l’ebollizione aggiungere i tagliolini a secco (senza averli precedentemente cotti nell’acqua) 4. Versare quindi nel tegame circa 80 cl di acqua bollente, un pizzico di sale e mescolare fino al completo assorbimento dell’acqua 5. Deve risultare molto morbido, se non lo fosse aggiungere un altro po’ di acqua bollente 6. Disporre il tutto in un piatto abbastanza grande , precedentemente cosparso di semi di papavero 7. Guarnire il piatto adagiando sopra ai tagliolini una fetta sottile di San...